martedì 6 dicembre 2011

I GAMBERONI TROPICALI A NATALE

Se ancora pensate che sia di moda mangiare prelibatezze tropicali, allora non leggete questo articolo. 
Soprattutto nel periodo delle feste molte famiglie italiane ritengono opportuno arricchire le proprie tavole con  ogni sorta di cibi fantasiosi la cui provenienza è a dir poco ignota.
Non solo  la papaya, il mango e i litchis …. ma  naturalmente a fare bella mostra sulle tavole natalizie troneggiano in tutte le salse i gamberetti tropicali.
Con ottomila chilometri di costa e la prima flotta pescherecci del Mediterraneo …noi italiani importiamo e compriamo volontariamente  gamberoni e  gamberetti  tropicali in grande quantità.  Certo il pangasio del delta del Mekong o la tilapia africana forse ci vengono propinati di nascosto e non li riconosciamo. Siamo tutti scusati anche per gli hallibut spacciati per sogliole, le  verdesche vendute come pesci spada e via di seguito..
Ma i gamberoni di 15 centimetri li avete mai visti a Ostia?
I Gamberetti in salsa rosa di solito arrivano da Equador e Mozambico (pescati in banchi naturali ) e da Cina e Vietnam ( di allevamento), mentre i gamberoni da fare alla griglia provengono da Argentina e da altri paesi del Sudamerica e dell’Africa.   Prima di arrivare in pescheria forse si sono fatti tre mesi di nave, anche se debitamente congelati.   Insomma mangiamo un gamberetto che ha viaggiato molto più di noi e la cosa più divertente è che dopo Natale magari partiamo per un viaggio tropicale in Indonesia e ci affanniamo a  cercare gli spaghetti con il pomodoro pachino proveniente naturalmente dall’Italia.
La maggior parte dei gamberetti tropicali in commercio hanno vita breve e crescita rapida e sono tropicali.
L a pesca intensiva permette di abbassare i costi ma le tecniche di pesca utilizzate rappresentano un rischio  notevole per l’ambiente. La maggior parte dei gamberetti tropicali proviene infatti dalla pesca a strascico, che oltre a danneggiare molte volte irrimediabilmente il loro habitat come le barriere coralline è anche causa di catture accidentali di specie minacciate come tartarughe e squali.
I gamberetti che non provengono dalla pesca a strascico vengono allevati molto spesso lungo le coste tropicali  in impianti di acquacoltura costruiti distruggendo  foreste di mangrovie ( ecosistemi importantissimi per molti animali) e molto spesso data la densità altissima di gamberetti in questi bacini, si impiegano grosse quantità di pesticidi e antibiotici per  evitare malattie e massimizzare i profitti.
Comunque la mettiamo sarebbe meglio evitare di comprare gamberetti e gamberoni  o cercare introvabili allevamenti di gamberetti allevati biologici del commercio equo  ( dove???).
K.R. la ragazza con la sabbia nelle scarpe
Per approfondimenti
www.slowfish.it ( iniziativa NO GRAZIE NON NEL MIO PIATTO )

venerdì 30 settembre 2011

La sabbia che ci portiamo a casa

Piccoli sacchettini di sabbia rubata, sassi per lo più bianchi (chissà perché), ciotoli o conchiglie….alcune volte pezzi di bottiglie di birra smussate dalle onde trasformate in pietre preziose.  
Assolutamente da portare a casa. E poi?
I sassi rimangono umidicci in qualche angolo del baule per settimane, rotolano insieme a ombrelli annoiati e ruote di scorta, la sabbia dorata della spiaggia  tropicale si spegne nella vetrinetta del soggiorno. Per i più meticolosi, sgualcite etichette con data e luogo riportano la data di morte dei granelli.
Non tutti saranno d’accordo, e tutti continueremo a portarci a casa qualsiasi ricordo marino di quella bella vacanza, ma riflettiamo un attimo.
Il divieto di accesso alla spiaggia di Budelli in Sardegna, deriva proprio da questi furti che i frenetici turisti hanno operato per anni sotto la luce del sole.
Che fine ha fatto quella sabbia? Davvero siete fieri di  avere a casa solo per voi un pezzettino di spiaggia rosa? A chi lo mostrate e perchè?
Certo è che nella nostra storia, l’uomo da sempre raccoglie e conserva monili che trova in natura, all’inizio erano oggetti utili, sassi da scheggiare per farne degli utensili o doni per omaggiare gli Dei ….ma oggi forse possiamo lasciare tutto dove è.
Se davvero volete raccogliere qualcosa da portare a casa, provate con le bottiglie di plastica o i tappi delle creme, vi assicuriamo il risultato è ottimo.
Insomma svuotate le vostre vetrinette e ridateci ogni singolo granello!! E’ anche nostro, non di chi se lo porta a casa!
  k.R. la ragazza con la sabbia ( quella che rimane) nelle scarpe

martedì 6 settembre 2011

LE VOSTRE SEGNALAZIONI DEI MIGLIORI “TESORI DA SPIAGGIA” 2011

Grazie alle Vostre foto abbiamo raccolto numerose testimonianze in questa calda estate 2011, dei migliori “tesori ritrovati sulle nostre spiagge”, non vogliamo fare ulteriori commenti, bastano le immagini e i vostri  pungenti resoconti. Eccone una piccola parte:

Foto n° 1  CANCELLO SENZA RETE  ISOLE EOLIE - VULCANO

Foto di Federica - Milano
Questo tesoro da spiaggia un tempo utile per proteggere  una bellissima zona… ha fatto la sua vita, ma ora l’inutile arrugginito lucchetto serve solo ad esprimere un desiderio, quasi si trovasse in un film di Federico Moccia su Ponte Milvio!

Foto n° 2   ESAMI SPINOSI  ISOLA DEL GIGLIO  -  Giglio Porto

 Foto di Tiziana -Napoli
L’esame più grande da affrontare per chi ha inciso questa foglia di cactus sarà imparare il rispetto per la natura.

Foto n° 3   FUORI O DENTRO FA LA DIFFERENZA  OSTIA LIDO
Foto di Stefano - Roma
Le 6 sigarette spente nel portacenere non le rivedremo più. La sigaretta spenta sulla spiaggia sarà nostra vicina di ombrellone anche i prossimi anni. Si sempre lei.

Foto n° 4  RIFIUTI VICINI VICINI  CELLE LIGURE (SV)

Foto di Paolo- Reggio Emilia
Le due amiche hanno passato 6 ore sedute a chiacchierare sulla spiaggia in compagnia di bottiglie e polistirolo portati dalla marea.

Foto n° 5  I COLORI DI SVETI STEFAN  MONTENEGRO

Foto di Patrizia Apicerni - Roma
Nella cornice offerta dalla splendida costa montenegrina, ecco come residenti e turisti contribuiscono a colorare il paesaggio. Un valore aggiunto che possiamo ritrovare (ahinoi!) lungo tutte le spiagge del paese.

Foto n° 6   ESORCIZZARE IL PASSATO  DHERMI’- SUD DELL’ALBANIA

 Foto di Giulio P. - Roma
Nella possibilità di un'invasione dall’Europa Occidentale, dal 1950 Hoxha fece costruire in tutto il paese migliaia di bunker in cemento in tutto il paese, che servissero come posti di guardia o depositi di armi. Oggi sono utilizzati come depositi di spazzatura, i bagnanti li ignorano e si godono la ritrovata spensieratezza.

Foto n° 7   QUALCUNO DOVRA’ PUR FARLO!  DHERMI’- SUD DELL’ALBANIA

Foto di Marco M. - Milano

Come suggeritomi da un amico albanese, trovandomi quest’anno nei Balcani, sono andato a visitare Dhermì, località che si affaccia sul mar Ionio a sud dell’Albania, a pochi km dalla Grecia. Questa spiaggia di sassi è artificiale, essendo stata “trapiantata” dopo che gli abitanti della zona avevano esaurito la sabbia per costruire le loro case. Come nel resto del territorio, residenti e turisti non hanno chiaro il valore paesaggistico e naturale di questo mare.

Foto n° 8  ATTENTO CHE CADI   SILVI (TE)
            
Foto di Angeladea Italiani - Silvi Marina
Sull'ingresso della spiaggia libera c'è un bel tombino...aperto. L'unica barriera protettiva per non farci cadere i villeggianti sono delle comodissime transenne. Il tutto è circondato da detriti di rifiuti. Il signor tombino è cosi scoperto dall'inizio dell'estate..chissà se qualche sbadato ci ha messo il piede dentro. Ma troviamo il lato positivo: visto nel complesso sembra un quadro surrealista!
                                              K.R. la ragazza con la sabbia nelle scarpe

venerdì 29 luglio 2011

“Tesori da Spiaggia” 2011

Rifiuti in spiaggia a Silvi Marina (Teramo) 7/7/11
 Sigarette, bastoncini di ghiacciolo, carte di gelato, bottiglie di plastica e flaconi di crema vuota, ma anche quotidiani sgualciti dal vento e riviste di gossip abbandonate.  Dipende in quale zone siamo …. a volte si possono trovare ancora scatole di tonno unte e perfino ombrelloni rotti.
Unica costante è che quasi sempre tutti questi tesori si trovano a pochi metri dal mare, sulla SPIAGGIA. Già la spiaggia … avete presente quella striscia di sabbia dove ci si sdraia per molti di noi gli unici 10 giorni di ferie dell’anno? Proprio quella.
Si è calcolato che una fila di “cicche” lunga quanto due volte l'Everest, oltre 17mila metri, verrà raccolta sulle spiagge nella due giorni, il 6 e il 7 agosto per liberare 330 spiagge da 600 mila filtri di sigarette abbandonati dai bagnanti. Ogni filtro impiega cinque anni per biodegradarsi e sparire dalla nostra spiaggia.
In fondo non sono tanti 17mila metri di mozziconi da raccogliere se pensiamo che secondo i dati 2011dell'Istituto Superiore di Sanità, in Italia i fumatori sono circa 12 milioni, ovvero il 22,7% circa della popolazione. Non andranno mica tutti al mare, vero? 
Facendo un po’ di conti, un giovane assistente bagnante impiegato da maggio a settembre in una spiaggia privata, potrebbe alla fine di ogni calda giornata di sorveglianza bagnanti, racimolare una vera fortuna e non solo sulla spiaggia ma naturalmente anche in mare.
Se fosse una caccia al tesoro o un concorso a premi per chi raccogli più schifezze sulla battigia, in questo fine luglio avrebbero buone possibilità di vincere i bagnanti di Silvi  -località balneare  abruzzese - invasa di rifiuti galleggianti  in una delle giornate più affollate di questo inizio estate.
Concludiamo con un consiglio per chi vuole partecipare alla caccia al tesoro:  i rifiuti  non galleggianti non fanno molta notizia, ma sicuramente sono sul fondo e non si vedono, ma valgono ugualmente.  Lanciamo allora questa “Caccia al Tesoro da Spiaggia” 2011.
Verranno pubblicate sul nostro sito le vostre migliori  testimonianze fotografiche di situazioni critiche “Tesori da spiaggia” (si consiglia di allegare qualche nota - data e luogo obbligatori). Modalità di invio: mail a scrivi@vivereilmare.it  formato JPEG dimensioni max 800x600 . Scadenza invio foto  30 agosto 2011. Per gli autori delle prime 15 migliori foto in regalo le fantastiche T-shirt di “Vivere il Mare”.
Aspettando di incoronare a fine agosto  i “fotografi - raccoglitori” sezione rifiuti sul litorale, vi ricordiamo che per le sezioni storiche: rifiuti nel centro città, rifiuti su marciapiedi, ingombro nei giardini ecc.. ci rivediamo a settembre. Non mancheranno le occasioni.
K.R. la ragazza con la sabbia nelle scarpe

giovedì 14 luglio 2011

La Catena da spezzare


Video realizzato dagli studenti del Primo Liceo Artistico di Torino

Un piccolo uomo verde si allontana di spalle cantano  “sul mare luccica l'astro d'argento….” mentre l’ultimo bidone tossico viene tristemente buttato in mare. La “catena” continua, i pesci mangiano quello che trovano in mare e noi mangiamo i pesci.
I ragazzi del Primo Liceo Artistico di Torino alcuni anni fa hanno vinto con questo video il premio più significativo della manifestazione Video Festival di Vivere il Mare: il premio Giuria Giovani.
“Catena” molto attuale anche per il Professor Roberto Danovaro - direttore del Dipartimento di scienze marine dell’Università politecnica delle Marche -  intervistato dalla nostra redazione recentemente  in occasione di una sua conferenza organizzata a SlowFish a Genova. (guarda l'intervista)
  
«Sono tanti i rifiuti tossici ed è molto difficile sapere esattamente dove si trovano e quale danno stanno facendo. Pensiamo solo che il 95 % della biosfera -l'insieme delle zone della Terra in cui le condizioni ambientali permettono lo sviluppo della vita-  è sott’acqua e al buio - specifica Danovaro - e fino ad ora abbiamo esplorato solo il 5%  del “territorio marino”».
Fughe radioattive, incidenti petroliferi, relitti abbandonati e rilascio massivo di sostanze altamente tossiche…. ma anche “bombe & Co.” Già l’industria bellica ogni tanto fa pulizia adottando l’antico sistema di nascondere sotto il tappeto la polvere, vale anche per le munizioni e le armi chimiche  ovviamente. Bisogna pur metterli da qualche parte questi costosi avanzi e le profondità marine sembrano proprio invitanti nascondigli. Chissà quanti sono.
Oggi esistono grafici mondiali di zone marine proibite perché pericolose. Ad esempio l’adriatico tra i 115 metri e i 1.200 metri sembra essere una giusta discarica di residui bellici, ma non è il solo.
Zone p-e-r-i-c-o-l-o-s-e…. ma  chi decide i confini della pericolosità? Anche a pesci e molluschi è vietato l’accesso? Perché se ne parla poco? Abbiamo imparato a fare la polvere, ma non a pulire a fondo.

Verrebbe voglia di svuotare momentaneamente il mare, proprio come  l’assillante pubblicità di questa estate 2011 che “stappa” il mare come fosse una grande vasca da bagno. Svuotare il mare  per far pulizia: togliere le bombe, le munizioni, i cavi sottomarini, i grovigli di chilometri di reti abbandonate, i relitti arrugginiti e guardare a secco le trivellazioni e le piattaforme petrolifere incastonate tra i solchi lasciati delle reti a strascico.
Si sta giocando una grande partita con il mare, ma tutto ciò che conosciamo del mare profondo sotto i 3.000 metri  corrisponde alle dimensioni di due campi da calcio! 
Attenzione la squadra che vince sceglie il campo.

K.R. la ragazza con la sabbia nelle scarpe

Focus

Slowfish 2011. Prof. Roberto Danovaro – Università politecnica delle Marche

Munizioni scaricate in mare: rischi e sfide  - http://www.greencrossitalia.org/
Reti fantasma danneggiano l’ecosistema marino - http://www.fao.org/news/story/it/item/19405/icode/

venerdì 1 luglio 2011

Buono, fresco, economico. Ritorna il pesce dimenticato

Tanti i progetti nell’estate 2011 per riportare sulle nostre tavole  il pesce che viene pescato accidentalmente e rigettato in mare

Pesce sciabola (Lepidopus caudatus)
ll mercato dei consumatori non li conosce, non li cerca sui banchi di vendita e di conseguenza non c'è un regolare approvvigionamento da parte degli operatori della distribuzione commerciale. Sono i pesci dimenticati, specie locali che generalmente vengono rigettate in mare dai pescatori perché ritenute poco pregiati, con gran spreco di risorse.
Una delle difficoltà nell'apprezzamento di queste varietà dimenticate e molto poco costose riguarda la scarsa conoscenza e capacità di preparare questi prodotti.
Sugarello, lampuga, spratto… ecco alcuni nomi di pesci che presto troveremo nei nostri menù estivi.
Partono proprio dalla loro preparazione le numerose iniziative che vogliono riportare sulle nostre tavole la qualità e la freschezza di una risorsa accantonata, che rappresenta un quarto del pesce catturato nei nostri mari, circa 27 milioni di tonnellate.
Diminuire gli scarti di pesca, fermare lo sfruttamento delle specie oggi più consumate e tutelare la biodiversità marina, questa è stata la ricetta proposta a Slow Fish, l’appuntamento organizzato maggio a Genova da Slow Food, che ha dato seguito a numerose iniziative.
Partiamo dal “Pesce ritrovato” di Fish Scale, progetto triennale di sensibilizzazione sul consumo ittico consapevole, finanziato dalla Commissione europea all’interno del programma LIFE e coordinato dall'Acquario di Genova, in collaborazione con numerosi partner.
Un’opera di sensibilizzazione, quella intrapresa da Fish Scale, che si concretizza in varie attività, tra cui i menu sostenibili del ristorante “Antica biblioteca Valle di Roma”, dove uno chef ogni martedì sera propone e spiega le ricette a base di specie ittiche minori.
Si può continuare con la “pescheria didattica” di Critical Fish della capitale, che insegna a conoscere il pesce e a consumarlo in modo critico, senza danneggiare le specie più a rischio, promettendo freschezza, qualità e criticità nell’approccio conoscitivo dei prodotti ittici.
Anche la grande catena di supermercati Iper ha lanciato un'iniziativa che si chiama “L'appetito vien studiando” realizzata in collaborazione con Eurofishmarket con l'obiettivo di stimolare, informare e formare i ragazzi alla conoscenza degli alimenti, per creare futuri consumatori consapevoli e figure professionali competenti.
Milano risponde con le scuole impegnate ad imparare i trucchi per riconoscere freschezza, specie alternative, tecniche di pesca sostenibile e gusto dei prodotti,  guidati da chef e professionisti del settore ittico.
Legambiente con  “Goletta Verde”, che da anni durante l’estate tocca le coste di tutta Italia per sensibilizzare il grande pubblico su tematiche legate all’ambiente, dedicherà tappe specifiche alla promozione del progetto, per i prossimi tre anni.
Insomma, tanti i progetti per riportare in tavola la qualità del nostro mare, con costi limitati per noi e per l’ecosistema marino.
Per avere un’idea di quello che perdiamo, basti pensare che il pesce sciabola, o pesce spatola, base pregiata per gli involtini di pesce siciliani, viene buttato in Sardegna, mentre gli zerri, molto apprezzati in Sardegna, sono gettati via in Sicilia. 

K.R. la ragazza con la sabbia nelle scarpe



"Vivere il Mare" è andato a vedere cosa succede nella
"Pescheria didattica" Critical Fish - Roma, 28 giugno 2011

mercoledì 22 giugno 2011

LA FORZA DEL MARE, LA NUOVA RISORSA ENERGETICA


Intorno alle coste italiane, solo dalle onde una potenza pari a sei centrali nucleari EPR
(quelle che sarebbero dovute essere costruite in Italia e che sono state respinte dal Referendum).


Mappa del potenziale medio annuo del moto  ondoso al largo delle coste italiane
fonte: Abstracts del workshopRinnovabili Marine su  www.marescienza.it

Il 16 e 17 giugno si è svolto  a Roma il workshop organizzato dall’ENEA
“Prospettive di sviluppo dell’energia dal mare per la produzione elettrica in Italia”.

Regno Unito, Portogallo, Norvegia, Stati Uniti, Giappone e Canada investono significativamente in questo settore tecnologico proiettato alla ricerca di nuove forme rinnovabili di energia già dagli anni ’70. L’Italia con i suoi 8.000 chilometri di costa adesso deve iniziare a pensarci.

Esiste un potenziale energetico sfruttabile dalle onde e dalle correnti intorno alla nostra bella Italia, che sarebbe in grado di produrre una potenza energetica sorprendente.

Basti pensare che le correnti dello Stretto di Messina sarebbero in grado di produrre energia per una città con due milioni di abitanti. Oppure alla corrente Levantina che scorre a Ovest della Sardegna spostando miliardi di tonnellate d'acqua e quindi d'energia.

Progetti importanti e grandi passi avanti, ma bisogna sempre fare i conti con il delicato ecosistema marino italiano. I tecnici stessi dell'Enea sottolineano come sia impensabile cementificare l'intero percorso della costa italiana causando notevoli danni ambientali ed economici. Ma basterebbe intervenire sulle strutture esistenti per ricavare una potenza necessaria
ed avere il minor impatto ambientale possibile.

<<Sulle coste - spiega il Professor Marco Marcelli dell'Università della Tuscia - ci sono enormi attività ed ecosistemi da salvaguardare, sono dei beni che il progresso deve tutelare. Per questo va rivisto il vecchio Piano nazionale difesa mare e coste del 1982". "Questa verifica andrebbe fatta subito, visto l'esito del referendum e la conseguente necessità di un mix energetico che, oltre al sole e al vento, può contenere anche la forza del mare nel rispetto dell'ambiente>> ha proseguito Marcelli spiegando che la verifica del Piano <<costerebbe appena 1 mln di euro e, se si aggiungono le boe per le misure sperimentali, i costi non superano i 4-5 mln di euro per progredire più velocemente su questa nuova prospettiva energetica>>.

Su 350 chilometri di costa già cementificata (come porti, dighe foranee o frangiflutti), si potrebbero ricavare circa 1.600 MW.

''L'altra priorità e' investire in ricerca e sviluppo tecnologico'', ha concluso l’oceanografo Marco Marcello, amico di “Vivere il Mare” da sempre e responsabile scientifico della trasmissione televisiva VIVERE IL MARE  andata in onda per 14 puntate su RAI 2 nel 2006.


K.R. la ragazza con la sabbia nelle scarpe.
FOCUS

lunedì 13 giugno 2011

Golfo del Messico un anno dopo - Una tragedia vecchia, un finanziamento nuovo

Creato un fondo di venti miliardi di dollari dalla compagnia petrolifera
Bristish Petroleum per coprire i risarcimenti richiesti dopo la marea nera



Offshore  cioè in mare aperto, è questo il termine utilizzato per identificare una piattaforma di perforazione istallata lontano dalla costa. La Deepwater Horizon         -istallata a circa 60 chilometri dalle coste della Luisiana- un anno fa era proprio questo, una avveniristica piattaforma petrolifera di fabbricazione sudcoreana e di proprietà della società svizzera Transocean,  affittata alla più grande compagnia petrolifera britannica, la Bristish Petroleum.
Il 14 aprile 2010 la piattaforma si incendia, esplode e si inabissa sversando  dal tubo di perforazione posto a circa un chilometro e mezzo sott’acqua, cinque milioni di barili di petrolio.  Undici lavoratori morti, 1.700 chilometri di coste e paludi compromesse e seimila uccelli uccisi nei tre mesi di tempo che i tecnici impiegarono per chiudere la falla. Il Golfo del Messico compromesso.
Questo è quello che il mondo ha visto, ma il peggio forse lo dobbiamo ancora vedere:  gli scienziati, infatti, non hanno ancora chiaro l’impatto di medio -lungo termine del greggio sul fragile ecosistema del Golfo e la domanda ittica e turistica delle comunità rivierasche di Florida, Alabama, Missisipi e Luisiana  (oltre 20 milioni di persone ) sono in ginocchio.
 Il peggior disastro ambientale del genere nella storia, non solo statunitense.           Ad un anno dalla tragedia  il presidente Obama ha ribadito l’impegno della sua amministrazione a << fare tutto il possibile per proteggere e risanare le coste del Golfo del Messico>>, ancora pesantemente segnate dalla fuoriuscita del petrolio.
Una tragedia alla quale duemila volontari stanno ancora oggi cercando di porre rimedio e un fondo creato dalla compagnia petrolifera britannica di venti miliardi di dollari per coprire i risarcimenti richiesti da pescatori e altri operatori colpiti dalla marea nera.
Nonostante le conseguenze ambientali, economiche e politiche, dopo un anno dal disastro, la compagnia britannica British Petroleum ha ricominciato a fare lobbying ed è tornata ad essere appetibile nel novero dei finanziatori dei deputati per il voto del 2012. Anche l’iter di concessione dei permessi di nuove perforazioni one e offshore sembra velocizzato in questo periodo pre-elettorale.
Con lo stanziamento di un miliardo di dollari destinati a sovvenzionare i progetti di ripulitura del Golfo del Messico,  la compagnia petrolifera in questione, darà il via ai lavori di ripulitura delle coste inquinate dalla marea nera.  <<l’accordo non avrà alcuna incidenza sul conto finale che la British Petroleum dovrà  saldare per le spese di ripulitura>>, ci tiene a sottolineare da Washington il ministero della Giustizia Usa .                                                      
Ad un anno da questa temibile tragedia ambientale, in un momento in cui le prospettive delle fonti fossili  non potrebbero essere migliori  a causa della scia di Fukuschima ancora nell’aria , speriamo che i nuovi finanziamenti stanziati prevedano una nuova sicurezza per l’uomo e per l’ambiente.
k.R. la ragazza con la sabbia nelle scarpe
Guarda il video:

venerdì 27 maggio 2011

IL TONNO ROSSO, UN ASTRONAUTA DA RIPORTARE A CASA lungo fino a 3 metri, veloce quasi 100 km/h, pesante fino a 450 kg


                  Thunnus thynnus  spacciato                   Thunnus thynnus  non ancora spacciato


LA NOTIZIA CHE HO LETTO:
“Houston, abbiamo un problema” 40 anni fa il mondo iniziò a stare con il fiato sospeso per conoscere il destino degli astronauti in rotta verso la Luna.
Un incidente aveva squassato il loro fragile veicolo spaziale, l’Apollo 13: la rottura per sovrapressione di un serbatoio d’ossigeno li aveva infatti privati di gran parte delle risorse necessarie per sopravvivere, a oltre trecentomila chilometri da casa. Ce la fecero, grazie all’improvvisazione esperta e all’instancabile determinazione dei tecnici sulla Terra, che trasformarono il modulo lunare del veicolo in una scialuppa di salvataggio, riportarono a casa sani e salvi i navigatori dello spazio.


LA NOTIZIA CHE VORREI LEGGERE:
“Houston, abbiamo un altro problema”  oggi il mondo inizia a stare con il fiato sospeso per conoscere il destino dei tonni rossi in rotta verso il mediterraneo.


Un incidente aveva sconquassato il loro fragile equilibrio di riproduzione, la pesca indiscriminata in parecchi anni per portare sui piatti il miglior trancio di tonno da sushi, ne aveva infatti ridotto molto il numero e li aveva privati di gran parte delle risorse necessarie per sopravvivere. Ce la fecero, grazie all’improvvisazione esperta e all’instancabile determinazione dei tecnici sulla Terra, che trasformarono il modulo marino in una scialuppa di salvataggio, riportarono a casa sani e salvi i navigatori dell’oceano.


Ho  immaginato solo per un momento che davvero il mondo si fermasse con il fiato sospeso per un evento -non spaziale o catastrofico - ma ambientale, o meglio per preoccuparsi di una specie che rischia di essere spazzata via. Siamo d’accordo il tonno non ha la stessa espressività di un panda gigante o la stessa morbidezza “coccolosa” di un cucciolo di orso bianco, senza parlare della poca affinità  con il musetto di immaturi cuccioli di foche sterminate a randellate….ma il “Tonno” signore e signori, sta proprio attraversando un brutto periodo.
Tutti noi mangiamo tonno, sarà la simpatica scatoletta circolare che si sporca di olio appena cerchiamo di aprirla, che emana quell’ odore inconfondibile…, sarà quel rumore sordo del vasetto trasparente che si stappa con un grissino… o forse saranno le atmosfera eleganti con tacchi a spillo e coltelli affilati dei Sushi bar. Tutti noi mangiamo tonno e vogliamo continuare a mangiarlo, ma senza distruggere o alterare per sempre l’equilibrio di questa specie. Forse dobbiamo solo rispettare il suo tempo e il suo spazio.


Non credo che ci capiterà mai di guardare da vivo negli occhi questo gigante migratore del mare, che riesce a nuotare a quasi 100 km all’ora, e raggiunge i 3 metri di lunghezza. Ma se dovesse succedere…meglio essere preparati al suo sguardo.


Conviene sapere che finalmente nuovi controlli e nuove normative quest’anno porteranno a ridurre le catture del nostro “astronauta rosso”. Tutto ciò deve essere stato difficile, quasi come tornare dalla Luna!                                     
K.R. la ragazza con la sabbia nelle scarpe.


Focus per il Blog:
Il Commissario per gli Affari Marittimi e la pesca, Maria Damanaki,  ha dichiarato di aspettarsi dagli Stati membri l'adozione di  tutte le misure necessarie a garantire il pieno rispetto normativo da parte delle proprie navi durante la principale stagione di pesca commerciale del tonno rosso, che è iniziata il 15 maggio 2011.
Il periodo dal 15 maggio al 15 giugno è quello in cui sono ammessi i pescherecci di grandi dimensioni con reti a circuizione per la pesca del tonno rosso nel Mediterraneo e nell’Atlantico orientale. Sono attive in questo tipo di pesca navi provenienti da sette Stati membri dell’EU: Spagna, Francia, Italia; Grecia, Portogallo, Malta, Cipro. La quota complessivamente dell’EU è di 5.756 tonnellate per la stagione 2011, ridotta rispetto alle 7.087 tonnellate dello scorso anno, quota di cui oltre la metà è catturata dalla flotta con reti a circuizione. Un rigoroso sistema di controllo e di ispezione è stato messo in atto per controllare e applicare tutti gli aspetti della pesca del tonno rosso. Si tratta di dispiegamento  di ispettori, navi e aeromobili gestito in sinergia dalla Commissione europea, dalla Agenzia Comunitaria di Controllo della pesca (CFCA) e dagli Stati membri. La Commissione europea controlla anche le catture e analizza i dati provenienti dal sistema di controllo dei pescherecci (basato su un sistema satellitare) su base oraria per garantire che tutte le regole, e in particolare le quote individuali per singolo contingente, siano pienamente rispettate.
Per quanto riguarda la questione delle navi battenti bandiera libica, la Commissione sta monitorando attentamente la situazione e tratterà in modo adeguato la
questione attraverso l'ICCAT e i propri strumenti giuridici.



Il contingente di cattura del tonno rosso assegnato all’Italia per la campagna di pesca 2011 è pari a 1.787,91 tonnellate ripartite tra i vari sistemi di pesca autorizzati.            
Fonti /link:
Allegato:
MIPAAF - Disposizioni applicative per la campagna di pesca del tonno rosso - Anno 2011
Contiene la regolamentazione per la pesca del tonno rosso  - pdf




venerdì 20 maggio 2011

Un altro continente di plastica, ma la plastica non si vede.

Oceano Pacifico - Il nuovo continente di plastica: 2500 chilometri di diametro, suddiviso in due “isole” di rifiuti che si concentrano nei pressi del Giappone e a ovest delle Hawaii, formando un vero e proprio continente delle dimensioni dell’intero territorio del Canada.


Ho cliccato  “continente di plastica” su google.  Dopo il primo impatto, in cui ti rendi conto che sei solo tu a non conoscere la vera situazione catastrofica di immense isole galleggianti che vagano in balia delle correnti oceaniche ( isole di 2.500 km di diametro nell’oceano pacifico, 64.000 pezzetti di plastica per la mostruosa zuppa del nord atlantico, 892.000 pezzetti di colorato polipropilene solo nel mar Tirreno..) ecco che ogni articolo riporta prima o poi una seconda notizia dopo le dimensioni delle isole di plastica:  la plastica non si vede bene dalle rilevazioni fatte dai satelliti.
Sembra quasi che se si vedessero bene queste rilevazioni magari con foto a contrasto con colori e sfumature rosa, la situazione sarebbe meglio raccontabile, piu’ di effetto. I soli disegni di planisferi infestati da isole di plastica il cui percorso è deciso dalle correnti, non sembra abbastanza di impatto. Poco mediaticamente efficace. No il problema è che le osservazioni dai satelliti sono quasi inutili perché la plastica risulta invisibile, molto spesso sotto la superficie dell’acqua.
Mi sto iniziando a chiedere se sarebbe vantaggioso inventare una plastica bioluminescente, bottiglie più consistenti, piatti di plastica con sensori colorati…insomma qualcosa che faccia vedere dai satelliti un bel contrasto di colori e di forme in movimento, cosi’ da poter finalmente misurare l’avanzamento dei rifiuti, la traiettoria e perché no, aprire un’agenzia di scommesse calcolando la velocità delle correnti e dei venti, per vedere chi arriva prima sulle spiagge. Le bottiglie di acqua effervescente naturale o il tappo del detersivo in polietilene?
Immagino perfino al posto delle previsioni meteorologiche, una bella mappa giornaliera al Tg delle 20.00 con il percorso tracciato dello spostamento delle isole di rifiuti galleggianti che dal mar ligure oggi – moderatamente ricoperto da bottiglie - si prevede un incremento delle dimensioni delle isole galleggianti verso il largo della Sicilia. Poca plastica oggi sul Mar di Sardegna ma è previsto un pericoloso incremento di buste, spazzolini, suole di scarpe dirette verso il Golfo di Trieste nel pomeriggio di Sabato.
Per finire con questa vantaggiosa soluzione cromatica, si potrebbe organizzare la prossima “Isola dei famosi” su enormi galleggianti isole di plastica al largo del Sud America ( Isole fresche fresche di formazione).  I protagonisti questa volta solo esclusivamente VIP rifatti. Anche se il silicone  dai satelliti non si vede ancora bene, sicuramente le isole si. Evviva problema risolto, ora il controllo satellitare è assicurato.  Possiamo iniziare a parlarne adesso.
k.R. la ragazza con la sabbia nelle scarpe.
Focus per il Blog:
Intanto affinché un bene comune come il mare sopravviva la strada sembra dover essere quella di  passare per tre verbi da coniugare alla plastica: produrre meno, consumare meno e riciclare di più.
Sulla base della concentrazione di frammenti di plastica nei campioni, gli studiosi francesi e belgi hanno calcolato che nell’intero Mediterraneo ci sono 500 tonnellate di plastica, sotto forma di 115.000 frammenti in media per chilometro quadrato.
I frammenti non sono distribuiti in modo omogeneo. In determinate aree sono più o meno numerosi in base al gioco delle correnti. Al largo dell’Isola d’Elba la spedizione ha trovato una concentrazione record: 892.000 frammenti per chilometro quadrato. Peggio che nei “vortici dei rifiuti” degli oceani.
Frammenti così piccoli non possono essere recuperati, almeno con le tecnologie attuali. L’unica soluzione è impedire che altra plastica finisca in mare. Il riciclaggio da solo non fa miracoli: è necessario anche ridurre ai minimi termini gli oggetti usa e getta e gli imballaggi.
Aspettiamo le Vostre valutazioni, idee, pensieri o solo testimonianze sul “nuovo continente di plastica” sul Blog di Vivere il Mare.it 

Link:
[VIDEO]Charles Moore fondatore di Algalita Marine Research Foundation parla al TED dell’inquinamento crescente dei nostri mari dovuto alle materie plastiche.
Fonti: La Stampa, Agorà Magazine, VoceScuola